work > The Resilient Shape (2017)

RESILIENCE, everybody uses this word these days.
And the SHAPE?
How does the Shape of Resilience look like?

For the Exhibition at the Capucin Cloister in Romont (december 2017) we researched the Shape of Resilience. A study for an installation in situ, realised by a trio of friends, focussing on Giorgio Agamben's text "The Highest Poverty: Monastic Rules and Form-of-Life". Reflection elements are traditional toys, children collage, the pullovers knitted by my mother, the beheaded Saint Valeria (in her actuality of the 9th of December) and our resilience of today.


LA FORMA RESILIENTE (original text in Italian)

La resilienza è un concetto abbastanza articolato che definisce l’atteggiamento fattivo e propositivo, positivo, che puo` essere posto in essere partendo da sopraggiunte condizioni sfavorevoli od ostili, trasformandole così in nuove risorse e possibilità. Brevemente: l’evoluzione in forme di sviluppo, che traggono forza e nutrimento da stati di crisi a partire da quegli stessi elementi che la crisi tende a depauperare.
Trovare una forma plastica che traducesse il principio funzionale della resilienza è stata la scommessa che tre artisti, Valeria Caflisch, Francesco Balsamo e Gianluca Lombardo, hanno accolto al fine di esprimere attraverso un’opera la dinamica resiliente in tutta la sua complessità.
Nasce cosi` l’intuizione di adoperare, per questo tema e all’interno di questo edificio monastico, la forma di un antico e popolare giocattolo, al giorno d’oggi quasi dimenticato, che è il “misirizzi”.
Il misirizzi era sostanzialmente un bambolotto, in legno o ceramica dipinti in forme umane, che ricorda la forma di un birillo, ma la cui base perfettamente semicircolare tiene in piedi l'oggetto col solo principio dell’equilibrio e dello scarico delle forze del proprio peso sull’asse verticale. Avendo pero` il suo peso maggiore nella parte inferiore (in virtu’ di un’elementare legge fisica sullo sbilanciamento delle forze gravitazionali dentro l’asse mediano) qualsiasi movimento dato al bambolotto genera un’oscillazione iniziale che pian piano lascia nuovamente posto alla condizione inerziale d’origine: nessuna forza sarà così grande da poterne ribaltare la posizione nello spazio.
La "forma resiliente” del misirizzi traduce lo sbilanciamento imposto in movimento e gioco, col semplice risultato di fare tesoro dell’esperienza dinamica, senza tradurla in disfatta e ribaltamento ma, al contrario, acquistando in flessibilità e conciliazione col trauma.
L’analisi della resilienza nelle sue forme sociali, sia come sviluppo dei gradi diversi di aderenza all’individualità personale sulla base delle continue deroghe da una norma prevedibile o già costituita data, o imposta, ad una collettività; sia come prodotto di quello che oggi potremmo chiamare 'problem solving', ha portato i tre artisti ad analizzare concetti come regola e legge, piuttosto che principio fisico ed equilibrio, portandoli spontaneamente a riflettere sugli elementi dialettici ampiamente argomentati nel testo di Giorgio Agamben sugli ordini monastici, "Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita”.
Il principio centrale del testo del filosofo italiano discerne la regola dalla legge, ponendo la prima nella prospettiva di un’aderenza completa tra modus operandi e vita individuale, senza possibilità di stabilire i confini dell’uno e dell’altra; dove, diversamente, la legge, pur presente nelle forme dell’evoluzione degli ordini monastici, impone un principio non più’ organico ma nomenclativo dell’habitus individuale. La forma organica della regola come forma di vita, che trae sostanza dal principio normativo scelto all’interno di una comunità, si contrappone così alla legge come statuto non più’ esistenziale ma comportamentale. Questa differenza impone che l’ordine sia la sovrapposizione tra regole e habitus, in un certo qual modo come si sceglie di lavorare in gruppo dentro un progetto che dia regole sulla base delle singole individualità.
In tal senso i tre artisti (che hanno lingue diverse, e provengono da culture diverse) compiono nel work in progress sui misirizzi (comprendente una scultura in grandi dimensione di un misirizzi, disegni e video) un’azione di fusione tra individualità e gruppo, habitus non più’ distinguibile tra personale e collettivo.
La scultura cosi’ proposta dai tre artisti si impone dentro lo spazio dei Cappuccini di Romont come un docile menhir che ispirato cromaticamente agli affreschi alle pareti, è interamente ricoperta di stoffe di diversi colori, creando una superficie irregolare e raggrinzita che rende quasi materno il gigantesco oggetto, e lanciando ancora una volta un nuovo sguardo “resiliente” verso il reimpiego di un materiale già usato, come vecchi maglioni di lana o pile. Questa grande madre accogliente vuole raccontare della vita, di come attuare strategie di resistenza e azione sfruttando ogni ostacolo. Vuole essere metafora della vita stessa che sopravvive solo adattandosi, poiché sa che restare immobili ci sgretola, facendoci estranei alla stessa causa del nostro terremoto. Vuole raccontare del cambiamento a cui ognuno deve obbedire in un mondo di cambiamenti. Vuole oscillare come un albero al vento, che sa accogliere la brezza leggera come la tempesta, ma che sa donare frutti e ombra nonostante lo sforzo sostenuto. Vuole giocare a liberare la forza, ma mantenendo fede all’impegno preso con la 'regola' di restare sempre sé stessa pur essendo in continuo movimento. Tracciare cerchi di gioia e nutrire la fiducia nella quiete dell'equilibrio. Essere al contempo peso e leggerezza.
La vita è così.
La forma resiliente anche.

Dicembre 2017
Valeria Caflisch, Francesco Balsamo e Gianluca Lombardo